sabato 9 novembre 2013

Et in Arcadia Superego

"La vita di uno scienziato è così noiosa, metodica e frustrante.Non c'è niente di emozionante o vibrante o colorato in essa.Amo i soggetti di ricerca del mio campo ma il maledetto metodo scientifico con tutti quei suoi piccoli passi progressivi mi soffoca l'anima! Senza contare la burocrazia , le rivalità accademiche, l'insegnamento, il linguaggio asciutto e tedioso delle riviste scientifiche.Voglio il fascino della scienza senza il tran tran e la logica priva di cuore.Voglio godermi i vasti panorami del tempo e dello spazio, avere esotiche storie di sesso con principesse marziane ovipare, viaggiare più veloce della luce e leggere nella mente altrui, avere dei robot per migliori amici e conversare con cani intelligenti".

Breve citazione da "Et in Arcadia Superego"
di Paul Di Filippo
F&SF Ottobre 2013
Edizione italiana - Elara

                                          Paul Di Filippo

giovedì 7 novembre 2013

ESEscifi.com - Nuovo concorso per racconti di fantascienza


Cari scrittori, aspiranti tali e scribacchini di tutta Italia, è partito un nuovo concorso indetto da ESEscifi.com di selezione per racconti di fantascienza.
In palio, tra le altre cose, anche la possibilità di comparire su un'antologia digitale composta da un massimo di 50 racconti.
Ecco, qui di seguito, il link diretto al bando del concorso in formato "pdf".

Clicca qui!

Buona scrittura!


venerdì 25 ottobre 2013

Orfani n.1 - Piccoli spaventati guerrieri

Soggetto e sceneggiatura : Roberto Recchioni
Disegni : Emiliano Mammuccari
Copertina : Massimo Carnevale


Per primo arrivò il lampo che bruciò i nostri occhi.
Poi seguì il tuono che fece esplodere i nostri timpani.
Ciechi e sordi... bruciammo.
Un sole si accese.
La fine del mondo.
O qualcosa del genere.

È così che si apre il primo numero di “Orfani”, la nuova serie targata Sergio Bonelli Editore e ideata da Roberto Recchioni ed Emiliano Mammuccari.
Una serie di fantascienza prettamente bellica, che qualcuno ha definito alla “Heinlein” (come se bastasse una guerra ambientata nel futuro per scomodare ogni volta il nome di uno scrittore in realtà molto più profondo e complesso), con molta azione e sviluppata su due diversi piani temporali quali il passato e il presente.
Siamo in un mondo post apocalittico parzialmente distrutto da un raggio di forza proveniente da un'ostile pianeta alieno.
Come reazione a questo attacco l'umanità decide di addestrare una squadra di ragazzini, rimasti appunto “Orfani”, per ritrovare ed eliminare l'arma distruttrice.
Agli occhi degli amanti della fantascienza tali premesse potrebbe apparire banali ma in realtà, grazie all'ottimo lavoro di Recchioni, queste eventuali spiacevoli sensazioni riescono a trasformarsi in interesse.
Con questo primo numero, piuttosto parsimonioso, emerge una certa potenzialità a garanzia di notevoli evoluzioni future dettate da una continuity che appare già da subito piuttosto stretta.
Si legge velocemente questo “Orfani” grazie anche a una sceneggiatura agile e supportata da dialoghi molto asciutti.
I disegni, nati per essere colorati, sono una gioia per gli occhi. Le tavole riescono a essere spettacolari e d'impatto ma sempre estremamente espressive e rispettose del loro ruolo fondamentale di raccontare una storia.

“Orfani” è sicuramente un fumetto ambizioso e, secondo quanto affermato dagli addetti ai lavori, fondamentale per il futuro della letteratura disegnata di casa nostra.
Ora, lungi da me dal voler scrivere il solito post dove analizzare la situazione editoriale e artistica nella quale versa il nostro caro media; non ho né la voglia né l'autorità né le capacità di farlo.
Quello che più mi preme è invece di cercare di capire nel mio piccolo se, dopo tanto discutere, il team artistico capitanato da Recchioni e Mammucchari sia riuscito o meno nell'intento di creare un fumetto innovativo in barba alla radicata tradizione bonelliana, fatta di rigorosi paletti (anche di natura morale) da rispettare.
Insomma, detto in parole povere, si è riusciti ad ottenere la classica e ambita botte piena con moglie ubriaca annessa?
Una domanda lecita, fondamentale, delicata, complessa ma, ahimè, ancora troppo prematura.
Quello che emerge sicuramente da questo primo numero, oltre a quanto già precedentemente esposto, è una certa freschezza e voglia di qualcosa di nuovo pur attingendo da veri e propri abusati cliché letterari, cinematografici e fumettistici.
Eppure, una volta arrivati alla fine dell'albo, si ha la netta impressione di aver letto qualcosa di dannatamente diverso merito anche dell'introduzione in contemporanea, come mai si era visto prima, di tante piccole e grandi novità.
Mi riferisco al colore, usato comunque già da qualche tempo in occasioni non solo commemorative (vedi testate come Dylan Dog Color FestColor TexColor Zagor), per arrivare all'impostazione più libera, spettacolare e flessibile delle tavole, un po' come accade anche su altre collane come "Nathan Never" (a dire la verità Stefano Casini, già vent'anni fa, faceva cose più estreme).
Poi, ancora, l'idea delle stagioni come accade per le serie tv o quella di avere un gruppo “aperto” di personaggi come protagonisti, che ricorda un'altra compianta serie cult di fantascienza intitolata "Hammer" e il cui nome addirittura era legato a quello di un'astronave.
In conclusione “Orfani” è un prodotto diverso, di qualità, ben studiato, anche un po' furbo se vogliamo ma, attenzione, sicuramente non così rivoluzionario come ci si aspettava.
Il fumetto Italiano, in periodi di crisi come questo, merita di evolversi e di espandersi andando a conquistare anche altre fette perdute di pubblico (sopratutto giovanile).
“Orfani” sembra avere tutte le carte in regola per fare questo ma anche la volontà e la capacità di rispettare i tratti unici e distintivi che hanno permesso al fumetto made in Italy di avere una propria identità/dignità imponendosi a livello mondiale come una vera e propria scuola.
In altre parole, per il momento, la botta sembra piena e la moglie ubriaca.
Poi si vedrà.

Orfani
miniserie mensile - Sergio Bonelli Editore
98 pp a colori, brossura
€ 4,50

Martin Mystère n.329 - La minaccia di Allagalla

Soggetto e sceneggiatura : Luigi Mignacco
Disegni : Enrico Bagnoli e Maurizio Gradin
Copertina : Giancarlo Alessandrini



Al giorno d'oggi chiunque può prendere in mano una tastiera e scrivere quello che gli pare, raggiungendo con facilità anche a un discreto numero di utenti.
Lo vediamo tutti i giorni girovagando su una rete ormai strapiena di  recensioni di ogni tipo, scritte a volte anche con tono incazzoso, sempre pronte a stroncare senza pietà questa o quell'opera, costata magari all'autore anni di sacrificio.
Io, da unico ideatore e curatore di questo piccolo e umile spazio virtuale, ritengo che scrivere una recensione sia una cosa che va fatta senza mai trascurare il rispetto per il lavoro altrui, indipendentemente da tutto.
Certo, esprimere un parere anche negativo è lecito e fa parte del gioco ma bisognerebbe sforzarsi di farlo tenendo sempre sott'occhio elementi come l'educazione, oltre che la costruttività e l'obiettività di quanto si sta affermando.
Tutto questo preambolo per arrivare a parlare di Luigi Mignacco,sceneggiatore dall'indubbia professionalità, versatilità e produttività, che per l'ennesima volta, però, non è riuscito a convincermi.
Ovviamente, come da oggetto, ci si riferisce al suo Martin Mystère n.329 di questo bimestre, intitolato “La minaccia di Allagalla”.

La storia nasce come tributo a un'opera italiana a fumetti degli anni quaranta, scritta da Luciano Pedrocchi e disegnata dallo stesso Enrico Bagnoli, purtroppo scomparso poco più di un anno fa.
Mignacco parte con una sequenza ambientata nello Sri Lanka dove una gruppo di esploratori si imbatte in un laboratorio sotterraneo contenente strane macchine e pezzi di un enorme robot.
Ed è qui che entra subito in scena il cattivo di turno che si scoprirà avere un piano per ricattare l'intera città di New York, possedendo i mezzi necessari a provocare artificialmente un terremoto senza precedenti.
E in una girandola di mysteri, minacce, visioni collettive, robot distruttivi, sedute spiritiche e chi più ne ha più ne metta il “BVZM” si ritroverà coinvolto, suo malgrado, in un caso all'apparenza irrisolvibile ma i cui tasselli sembrano andare a loro posto in piena autonomia e senza alcuna difficoltà.
Ed ecco forse il grande difetto della storia dove gli eventi si susseguono senza una vera e propria spiegazione,in attesa di un finale scontato, mentre nel frattempo la sceneggiatura non fa che riempirsi di buchi incolmabili, proponendo una carrellata di personaggi stereotipati, privi di personalità e creati ad hoc per questa o quella esigenza.
Il fascino ben reso e senza tempo dei robottoni oltre a una scorrevolezza nella lettura non vanno a incidere comunque più di tanto sul giudizio finale, ahimè purtroppo negativo.
Un discorso a parte meritano i disegni del compianto Enrico Bagnoli supportato da Maurizio Gradin che appaiono spettacolari, dettagliati e di qualità; bellissime ed evocative le sequenze di distruzione della metropoli statunitense.
Un unico appunto lo farei solamente a certe rielaborazioni grafiche fatte al computer che, anche se di impatto, si potevano evitare lasciando alle tavole un aspetto più naturale e consono a un fumetto di questo tipo.
Bellissima e affascinante, come sempre, la copertina di Giancarlo Alessandrini.

In un periodo in cui si parla tanto di “Orfani” e di una svolta del fumetto italiano, verso lidi di più ampio respiro e originalità, è un peccato arrivare in edicola con un Martin Mystère (testata che si è sempre distinta per possederle tutte queste qualità) così deboluccio.


Martin Mystère
serie bimestrale - Sergio Bonelli Editore
160 pp, b/n, brossura
€ 5,00

Dragonero n.5 - Il raduno degli scout

Soggetto e sceneggiatura : Stefano Vietti
Disegni : Gianluca Pagliarani
Copertina : Giuseppe Matteoni


Devo dirlo : il fantasy non è tra i miei generi fumettistici/letterari/cinematografici preferiti.
Se da una parte ne sono sempre stato un po' attratto, dall'altra non posso nascondere di averlo trovato alla lunga sempre un po'...noiosetto, pur non disprezzando scrittori come George R. Martin.
Il lancio di “Dragonero”, quindi, non mi fece sobbalzare sulla sedia nonostante apprezzassi i due ideatori/sceneggiatori Stefano Vietti e Luca Enoch.
Tuttavia, si sa : alla Bonelli fanno le cose per bene e così, pur non amando il genere, decisi di provare a seguire la serie con quella tipica curiosità che accompagna qualsiasi cosa esca da “Via Buonarroti”.
Ed eccomi qui, dopo qualche mese, assolutamente non pentito della mia decisione e anzi pronto a recensire l'ultimo numero presente ancora in edicola.
Dopo una prima saga, durata ben quattro albi, ecco arrivare un episodio che definirei atipico, con uno Stefano Vietti deciso a rallentare bruscamente il ritmo narrativo a cui ci si era abituati dando sfogo a un urgente bisogno di fare il punto della situazione, lanciando nello stesso tempo un' infinità di accenni a future sotto trame.
La sinossi è semplicissima : Ian (Dragonero, il protagonista), Gmor e Sera (i due comprimari), durante un periodo di riposo dalla loro ultima missione, partono per il raduno annuale degli scout (veri e propri informatori dell'impero).
L'idea di un “meeting” annuale viene usato da Vietti come strumento per introdurre nuovi personaggi, aggiungere complessità al protagonista e per gettare sopratutto luce sul vero e proprio concetto di “scout”, fondamentale per l'economia della serie.
L'idea, molto originale, non fa che mettere in evidenza l'enorme lavoro di realizzazione di un universo narrativo immenso e talmente ben congegnato dal quale è veramente difficile non venirne catturati.
Interessante poi notare come l'autore riesca a divertirsi nel disseminare l'albo di indizi sui futuri sviluppi narrativi della serie senza dimenticarsi di aggiungere ulteriori tasselli alla psicologia del protagonista, che appare al lettore sempre più confuso e tormentato.
Purtroppo, però, la totale assenza di azione e sopratutto di un vero e proprio intreccio trasmettono una sgradevole sensazione di inconsistenza che dopo metà albo si trasforma in assoluta noia, spingendo il lettore quasi a esultare quando nell'ultima pagina viene annunciata una nuova vera missione per il protagonista e i suoi due “pards”.
In definitiva un vero peccato.
A supportare Vietti, in questa dunque non proprio ben riuscita prova, troviamo i disegni di un fantasmagorico Gianluca Pagliarani le cui tavole, dettagliate e dalla qualità costante, accompagnano il lettore per tutta la durata del tempo senza mai deludere.


Memorabile la copertina di Giuseppe Matteoni.

Dragonero
serie mensile - Sergio Bonelli Editore
98 pp, b/n, brossura
€ 3,30

Le Storie n.13 - Il moschettiere di ferro

Soggetto e sceneggiatura : Giovanni Gualdoni
Disegni : Giorgio Pontrelli
Copertina : Aldo Di Gennaro 



Ormai lo si può dire : la serie “Le Storie”, edita dalla Bonelli, è una splendida realtà.
Proporre mese dopo mese albi di qualità che sappiano essere innovativi e sperimentali, nel rispetto della cosiddetta “gabbia bonelliana”, non è facile.
Eppure, tra i volumi finora pubblicati, la qualità delle proposte è rimasta sempre di un certo livello e quest'ultimo numero tredici non fa eccezione.
Dopo l'ultimo eccellente Speciale di Dylan Dog (La bomba) torna in edicola Giovanni Gualdoni, con quello che i fumettisti d'oltreoceano definirebbero un “What If” (tradotto in “Cosa succederebbe se...).
Le vicende narrate in questo“Il moschettiere di Ferro” , infatti, si sviluppano nell'universo creato da Alexandre Dumas, per la sua trilogia de “I tre moschettieri”, stravolgendolo letteralmente.
Senza svelare molto della trama vorrei mettere in evidenza come le varianti introdotte a quanto narrato da Dumas siano notevoli tanto che, a elementi prevedibili di classica avventura, il buon Gualdoni ha saputo mescolare sapientemente anche della sana fantascienza e un pizzico di steampunk.
Ma si sa, un soggetto brillante senza il supporto di una buona sceneggiatura non va da nessuna parte ed è qui che arriviamo, a mio avviso, al punto forte di questo numero tredici : la scorrevolezza e il perfetto equilibrio di un intreccio semplice ma in continua e rapida evoluzione dove gli eventi, numerosi, si susseguono senza sosta.
I dialoghi, l'impostazione delle tavole, tutto sembra ben congegnato per svilupparsi all'interno del limite imposto dalla pubblicazione ma senza mai scadere nell'affrettato o nel superficiale.
Ottimo e fondamentale il supporto delle tavole del buon Giorgio Pontrelli, dal bianco e nero elegante e dinamico; bella la realizzazione grafica della maschera del moschettiere protagonista, ripresa poi anche nella splendida copertina di Aldo Di Gennaro.


In conclusione, una buona lettura dove ancora una volta emerge tutto il potenziale di una delle serie a fumetti tra le più interessanti presenti al momento nelle nostre edicole.

Le Storie
serie mensile - Sergio Bonelli Editore
110 pp, b/n, brossura
€ 3,50

martedì 28 maggio 2013

Io sono leggenda - Richard Matheson



Premetto che incominciare a scrivere questa recensione non è stato per niente facile.
Le troppe emozioni e riflessioni scatenate dalla lettura di questo capolavoro avevano prodotto in me un tale rumore da impedirmi, di fatto, di riordinare le idee e quindi di incominciare a scrivere.
Tutto questo a dispetto di una lettura piuttosto scarna, se pensiamo che il romanzo narra fondamentalmente di come il protagonista, Robert Neville, passi le sue giornate da ultimo sopravvissuto in un mondo popolato da vampiri.
Scritta così, in un periodo di overdose (letteraria-cinematografica-fumettistica) da succhia sangue, qualcuno si chiederà se non mi si sia fumato definitivamente il cervello nell'aver visto qualcosa di buono in una storia apparentemente adatta a certi film da sala cinematografica puzzolente di pop corn e piena zeppa di brufolosi adolescenti.
Grazie a Dio non è così... o almeno non ancora per il momento!
Io sono leggenda” è un romanzo di una fantascienza che oserei definire “borderline”, essendo al suo interno presenti numerosi elementi prelevati da altri generi narrativi quali l'horror, e dove in fondo il vero protagonista non corrisponde al già citato Neville ma bensì a quello stato psichico, molto di moda ultimamente, che è l'ansia; magnificamente rappresentata dallo stile secco e moderno (anche a distanza di quasi sessant'anni) dell'autore.
Si rimane di stucco per come Matheson riesca a rendere così significativa una trama ridotta all'osso, cimentandosi più volte in profonde e lucide incursioni tra i vari generi letterari.
Più si va avanti con la lettura e più si comprende che allo scrittore americano non piacciono le etichette ponendo come suo unico obiettivo quello di raccontare una storia che profumi di imprevedibilità.
Durante la narrazione ogni lettore diventa un Robet Neville, scaraventato già dalla prima pagina in una Los Angeles post-apocalitica.
E lì, nell'oscurità della notte o nelle lunghe e sterili giornate di sole, con un po' di attenzione e sforzando la vista lo si può scorgere : Si, è proprio lui, Richard Matheson!
Uno straordinario e sadico regista indaffarato, dietro la macchina da presa, a dispensare ansia.
L'ansia di una giornata infinita passata in piena solitudine, di una notte continuamente minacciata dalla morte, di una famiglia spazzata via e che non tornerà più.
L'ansia generata dal senso di impotenza, dalla voglia di capire cosa stia succedendo.
Ed è così che ogni capitolo diventa un universo a se stante dove quello che accade funziona da pretesto per riflettere, a volte con ironia, sull'animo umano, sulla società contemporanea, persino su Dio.
Ed è proprio la semplicità della trama a favorire tutto questo.
Più volte durante la lettura mi sono ritrovato a sostare tra le pagine di questo libro, perso con l'amaro in bocca tra mille spietati pensieri.
E in fin dei conti, pensandoci bene, chi legge (come il sottoscritto) lo fa per libri come questo...

mercoledì 22 maggio 2013

Echo - Jack McDevitt



10.000 anni nel futuro: Alex Benedict è un semplice commerciante di antichità che si imbatte casualmente nel ritrovamento di una strana stele incisa con dei caratteri sconosciuti.
Le vicende narrano di come l'oggetto, inizialmente quasi snobbato poiché ritenuto di scarso interesse, diventi improvvisamente il centro di una contesa dai risvolti a tratti mortali.
Parallelamente, le ricerche sulla vita dell'archeologo scomparso Somerset Tuttle (vecchio proprietario della stele) porteranno i protagonisti a chiedersi se sia davvero la razza umana la sola a popolare l'universo.

Jack McDevitt è uno scrittore di fantascienza piuttosto famoso negli Stati Uniti, dove ha ottenuto importanti riconoscimenti come il “Premio John W.Campbell” nel 2004 e il “Premio Nebula” nel 2006, ma che qui in Italia è stato pubblicato solamente tre volte a causa dello scarso interesse per la fantascienza in generale e per la lunghezza eccessiva delle sue opere che le renderebbero poco adatte a certe collane da edicola, ormai rimaste le uniche in grado di venire incontro a noi poveri appassionati lettori di fantascienza.
Echo” è un romanzo scritto bene, con alla base un'idea classica e suggestiva, ma che in alcuni punti risulta un po' dispersivo a causa, forse, del fallito tentativo dell'autore di rendere l'intreccio più complesso.
L'opera, comunque, sa custodire in sé diversi momenti di riflessione sul rapporto uomo-universo, affrontati con una maestria tale da rendere perdonabili certe lacune della narrazione.

Esistono nell'universo altre civiltà oltre alla nostra? E quanto sono evolute? E se noi umani fossimo semplicemente frutto della casualità? Ci possono essere pianeti simili alla Terra? E se distante anni luce da noi ci fossero altri uomini ignari dell'esistenza del nostro pianeta?
Sono molteplici le domande che McDevitt in maniera molto intelligente si pone durante la narrazione, andando a impreziosire il romanzo con una buona dose di fascino e spessore.
Tirando le somme, Echo è un'opera nel complesso interessante, a tratti un po' forzata e dispersiva ma che tuttavia mi sento di consigliare spassionatamente.

CURIOSITÀ

Per chi non lo sapesse, Echo è stato pubblicato per la prima volta nel 2010 e rappresenta il quinto romanzo del ciclo di Alex Benedict. Del suddetto universo letterario, formato da sei romanzi a sé stanti, fa parte anche “Seeker”, pubblicato nel 2009 sul n.1546 di Urania. Infine, a esaurire la breve lista delle opere di McDevitt tradotte in Italia, troviamo “Il sonno degli dei” (Urania n.1340, 1998) dal quale presero forma tutti i suoi successivi romanzi di archeologia spaziale, vera e propria specialità di un autore assolutamente da tenere d'occhio.

martedì 7 maggio 2013

La città nelle nuvole - Geoffrey A. Landis



In un futuro imprecisato, la colonizzazione spaziale, ben radicata e promossa esclusivamente da potenti industriali, ha trasformando l'universo in una vera e propria ultima frontiera per le più varie e disparate classi sociali.
All'interno di questo scenario si muovono i due protagonisti : Leah Hamawaka, studiosa di ecologia marziana, e il suo assistente David Tinkerman.
Leah viene invitata su Venere dal Sultano delle Nuvole, proprietario della maggior parte delle città galleggianti situate nell'atmosfera del pianeta, ed è da questo momento che la vicenda, tra azione, mistero e un pizzico di spionaggio, comincia a prendere forma svelando una società molto particolare e immersa in un ambiente fortemente suggestivo e accattivante.

La città nelle nuvole” è un romanzo breve, o un racconto particolarmente lungo, di “hard science fiction”, un sottogenere della fantascienza la cui colonna portante della narrazione è rappresentata da rigorose teorie scientifiche.
Landis oltre a essere scrittore è prima di tutto uno scienziato della NASA e questo, scorrendo le pagine della sua opera, si sente.
L'universo da lui ideato è talmente fantasioso e ricco di descrizioni dettagliate da appesantire a tratti la lettura. Anzi, a volte, si ha la sensazione che l'autore abbia un'immaginazione così grande da sfiorare i limiti fisiologici della scrittura, facendo rimpiangere la mancanza a fine volume di qualche schizzo esplicativo di supporto.
Il romanzo, stilisticamente, sa conquistare; sopratutto per quell'effetto “dissolvenza” tra un evento e l'altro che di fatto ha reso inutile qualsiasi divisione, in capitoli o paragrafi, del testo.

Volendo tirare le somme, siamo di fronte a un opera dalla pre produzione geniale e minuziosa, scritta straordinariamente bene ma che trova nella povertà dell'intreccio e in una certa fretta di voler arrivare alla “fine”, i suoi peggiori difetti.
A farne le spese troviamo anche i personaggi, dal grande potenziale ma il cui profilo psicologico viene solamente appena accennato.
“La città nelle nuvole” rimane un romanzo veloce da leggere, che sa affascinare quanto deludere ma che tuttavia consiglio a tutti quelli che vogliono accostarsi velocissimamente per la prima volta a un opera di “hard sf”.

EDIZIONI e CURIOSITÀ

“La città nelle nuvole” di Geoffrey A. Landis è stato finalista al "premio Hugo" e al "premio Nebula" vincendo il "premio Theodore Sturgeon".
Il romanzo, del 2011, è stato pubblicato in Italia da DelosBooks (Collana Odissea) sia nel formato cartaceo che digitale.

lunedì 4 marzo 2013

Il cerchio colpisce ancora!




Tempi duri per l'editoria! Sopratutto quando questa ricade in ambito fantascientifico.
E così la Mondadori corre ai ripari cercando di migliorare il più possibile la visibilità di certe sue collane. Dopo la serie regolare, infatti, anche Urania Collezione subisce un restyling notevole uniformandosi alla sorella maggiore.
Una gran perdita di stile a discapito delle bellissime copertine di Franco Brambilla, letteralmente fagocitate dallo spietato cerchio.
Ma se questo è il prezzo da pagare, per tenere in vita la collana, ben venga!
In fin dei conti è il contenuto quello che vale anche se per molti collezionisti non è così.


venerdì 1 marzo 2013

I pirati e l'astronave - Mike Resnick


Ed eccomi qua, finalmente, a recensire il secondo strepitoso capitolo della saga Starship scritta dal "pluridecorato" Mike Resnick.
Wilson Cole, dopo le vicende narrate nel primo romanzo della serie (Gli ammutinati dell'astronave, Urania n.1579), si ritrova a rivestire un ruolo, inaspettatamente complesso, come quello del pirata.
Una scelta, un po' azzardata, che lo porterà a vivere una serie di
avventure, a bordo dell'astronave Teddy R., in compagnia del suo  bizzarro e fedele equipaggio.

Durante la lettura si viene colpiti dalla lucidità con la quale l'autore porta avanti la narrazione, senza mai perdere di vista l'obiettivo principale del sano divertimento.
Come nel precedente capitolo, siamo di fronte a una "Space Opera" leggera, anzi leggerissima,  scritta con uno stile asciutto, diretto e ricco di dialoghi a dir poco strepitosi.
La cura nell'approfondimento psicologico dei personaggi, anche in funzione del loro interagire, è assolutamente pregevole. Su tutti spicca il protagonista Wilson Cole, sempre più autentico, imprevedibile e in continua evoluzione.

In definitiva, risalire a bordo della Teddy R. e ritrovare certe vecchie conoscenze è stato a dir poco emozionante. Davvero niente male per un romanzo dalle poche pretese.
In attesa del terzo capitolo, ampiamente introdotto nelle pagine finali del romanzo, non posso che augurarvi una buona e sana lettura.

EDIZIONE ITALIANA

- I pirati e l'astronave, collana Urania n.1591 (febbraio 2013), Arnoldo Mondadori editore.

giovedì 21 febbraio 2013

Seconda edizione del PREMIO STELLA DOPPIA

La notizia è fresca di giornata, Urania insieme al portale Fantascienza.com bandiscono la seconda edizione del "Premio Stella Doppia" dedicato ai racconti di fantascienza della lunghezza massima di 20 cartelle da 2000 battute.Qui di seguito il link con il regolamento.


http://blog.librimondadori.it/blogs/urania/

martedì 19 febbraio 2013

Gli strani suicidi di Bartlesville - Fredric Brown

Questo, per gli estimatori di Fredric Brown, è un periodo particolarmente fortunato fatto di uscite imperdibili : dal n.67 di "Robot", con all'interno un dossier dedicato e accompagnato da tre suoi racconti (tra cui "La sentinella" del 1951), alla ristampa dell'antologia "Cosmolinea B-1" sulla rinnovata collana "Urania Millemondi". Ma chi era, dunque, costui? Molti lo ricorderanno come autore di romanzi indimenticabili, quali "Assurdo Universo" o "Marziani andate a casa" mentre altri come un vero e proprio specialista della narrativa lampo ,dove riversava tutta la sua raffinata creatività e le sue doti da scrittore di altissimo livello. In poche parole Brown è un autore indimenticabile, di quelli che non si dovrebbe mai smettere di celebrare. E come è giusto che sia anche questo blog, nel suo piccolo, lo vuole fare con una recensione di un romanzo del 1961 intitolato "Gli strani suidici di Bartlesville".



LA TRAMA

Un criminale alieno, colpevole di un oscuro delitto, viene inviato per mezzo di un raggio di forza sul pianeta Terra finendo nella tranquilla cittadina di Bartlesville. Le sue sembianze sono quelle di un guscio di tartaruga, privo di ogni capacità motoria, ma dal grande potere di impossessarsi della mente altrui. L'obiettivo della creatura, da subito svelato, è quello di scovare una mente geniale e raffinata che lo possa aiutare a costruire un marchingegno capace di farlo ritornare al suo pianeta d'origine. Ma l'interazione con il genere umano e animale gli è tutt'altro che facile a causa di un grosso limite che lo costringe a uccidere l'ospite di turno per poter passare da un corpo ad un altro. Da qui l'inizio di una serie di uccisioni che alla vista della comunità appaiono come strani suicidi ignorandone, ovviamente, il retroscena alieno. Sarà l'arrivo del prof.Staunton, dotato di grandi conoscenze scientifiche, e della signorina Talley, grande appassionata di fantascienza, a fare un pò di luce sui fatti.

Il romanzo è di matrice fantascientifica ma con forti venature poliziesche e a tratti un po' thriller. Stilisticamente è da manuale. Tutti gli ingredienti sono sapientemente dosati e mescolati.L'atmosfera è ben resa, l'idea di fondo (validissima e ben congeganta) sfruttata appieno, i personaggi ben caratterizzati e interessanti.L'interazione tra l'alieno e la società umana viene proposta con una lucidità unica mentre il finale, al cardiopalma, è assolutamente azzeccato e carico di contenuti. L'unica pecca rimane forse un inverosimile predisposizione dei protagonisti ad intuire troppo facilmente la natura aliena degli avvenimenti, ma la perfezione, si sa, non è di questo mondo. In defnitiva "Gli strani suicidi di Bartlesville" è un classico che non deve mancare sugli scaffali di ogni buongustaio della letteratura di fantascienza, ma non solo.

EDIZIONI ITALIANE

- Gli strani suidicidi di Bartlesville, collana Urania n.296 (dicembre 1962), Arnoldo mondadori editore
- Gli strani suidicidi di Bartlesville, collana Classici Fantascienza (aprile 1979), Arnoldo mondadori editore







lunedì 18 febbraio 2013

FANTASIA 3000

Quest'oggi vorrei segnalarvi un interessante iniziativa promossa dal forum "Verdecammino". Sto parlando di FANTASIA 3000, un vero e proprio contest a premi (totalmente gratuito) dedicato a racconti di genere fantastico non superiori alle 3000 battute. Qui di seguito il bando del concorso.

Buona fortuna a chiunque volesse partecipare e, ovviamente, buona scrittura!

 photo       fantasia3000_zpseda2141b.png

martedì 22 gennaio 2013

Frugate il cielo - Frederik Pohl e Cyril M. Kornbluth



Ross è un mercante tormentato da un forte senso di insoddisfazione.
I giorni scorrono lenti e vuoti sul pianeta Halsey che, intanto, versa in un forte stato di
decadimento.
Il protagonista sembra essere l'unico a soffrire della cosa, non accettandola completamente e sognando, un giorno, di poter fuggire a bordo di una di quelle grosse navi stellari capaci di viaggiare per secoli.
Ross per una serie di circostanze si ritroverà proprio a pilotarne una, vecchia di 1400 anni e capace di raggiungere istantaneamente ogni angolo della  galassia viaggiando a velocità superiore a quella della luce.
L'astronave è sempre rimasta nell'atmosfera del pianeta Halsey, celata da una misteriosa società interplanetaria che affida a Ross non solo la custodia del potente mezzo ma anche una missione da compiere: visitare i vari pianeti colonizzati dall'uomo per scoprire  le ragioni che li hanno portati alla decadenza e all'isolamento reciproco.
Da questo momento prenderanno vita una serie di eventi che porteranno il protagonista e
qualche comprimario verso la soluzione del grande enigma.
Nonostante le premesse da brillante space opera, "Frugate il cielo" in realtà è un romanzo di
social sf scritto nel 1956 da quella che oggi è considerata la coppia chiave del sottogenere, Frederik Pohl e Cyril M.Kornbluth.
Siamo quindi di fronte ad un'opera storicamente importante che è giusto celebrare,
ripubblicare, tramandare ecc..
Purtroppo però, come spesso accade, tutto questo non è sinonimo di qualità.
Il romanzo si fa leggere, lo spessore degli scrittori è innegabile, l'idea di base è
sicuramente solida, ancora attuale e a tratti affascinante mentre il protagonista è ben
caratterizzato.
L'arrivo dell'astronave su Halsey, poi, mi ha a dir poco emozionato.
Tutto questo non basta però a colmare l'enorme lacuna data dall'ingenuità di molti
passaggi, a volte veramente sbrigativi ed inverosimili.
Forse è proprio questo il vero passo falso commesso dagli autori, ovvero il calcare un po'
troppo la mano nel cercare di mettere in evidenza certi contenuti perdendo il controllo della
situazione e scadendo nel ridicolo.
La lettura a tratti noiosa, poi, lascia con l'amaro in bocca svelando una certa fretta
nell'arrivare subito al nocciolo della questione.
Strutturato così "Frugate il cielo" non è tra le opere migliori che mi sento di consigliarvi
risultando di fatto un romanzo piuttosto forzato e inconsistente.



Note bibliografiche :

In Italia il romanzo è stato pubblicato da Mondadori nel n.305 e 624 di “Urania”, nel n. 110
dei “Classici Urania”, all’interno di “Millemondi Speciale Estate 1999″ e nel n. 120 di
Urania Collezione”.