Premetto che incominciare a scrivere
questa recensione non è stato per niente facile.
Le troppe emozioni e riflessioni
scatenate dalla lettura di questo capolavoro avevano prodotto in me
un tale rumore da impedirmi, di fatto, di riordinare le idee e quindi
di incominciare a scrivere.
Tutto questo a dispetto di una lettura
piuttosto scarna, se pensiamo che il romanzo narra fondamentalmente
di come il protagonista, Robert Neville, passi le sue giornate da
ultimo sopravvissuto in un mondo popolato da vampiri.
Scritta così, in un periodo di
overdose (letteraria-cinematografica-fumettistica) da succhia sangue,
qualcuno si chiederà se non mi si sia fumato definitivamente il
cervello nell'aver visto qualcosa di buono in una storia
apparentemente adatta a certi film da sala cinematografica puzzolente
di pop corn e piena zeppa di brufolosi adolescenti.
Grazie a Dio non è così... o almeno
non ancora per il momento!
“Io sono leggenda” è un romanzo di
una fantascienza che oserei definire “borderline”, essendo al suo
interno presenti numerosi elementi prelevati da altri generi
narrativi quali l'horror, e dove in fondo il vero protagonista non
corrisponde al già citato Neville ma bensì a quello stato psichico,
molto di moda ultimamente, che è l'ansia; magnificamente
rappresentata dallo stile secco e moderno (anche a distanza di quasi
sessant'anni) dell'autore.
Si rimane di stucco per come Matheson
riesca a rendere così significativa una trama ridotta all'osso,
cimentandosi più volte in profonde e lucide incursioni tra i vari
generi letterari.
Più si va avanti con la lettura e più
si comprende che allo scrittore americano non piacciono le etichette ponendo come suo unico obiettivo quello di raccontare una storia che profumi di imprevedibilità.
Durante la narrazione ogni lettore
diventa un Robet Neville, scaraventato già dalla prima pagina in una
Los Angeles post-apocalitica.
E lì, nell'oscurità della notte o
nelle lunghe e sterili giornate di sole, con un po' di attenzione e
sforzando la vista lo si può scorgere : Si, è proprio lui, Richard
Matheson!
Uno straordinario e sadico regista
indaffarato, dietro la macchina da presa, a dispensare ansia.
L'ansia di una giornata infinita
passata in piena solitudine, di una notte continuamente minacciata
dalla morte, di una famiglia spazzata via e che non tornerà più.
L'ansia generata dal senso di
impotenza, dalla voglia di capire cosa stia succedendo.
Ed è così che ogni capitolo diventa
un universo a se stante dove quello che accade funziona da pretesto
per riflettere, a volte con ironia, sull'animo umano, sulla società
contemporanea, persino su Dio.
Ed è proprio la semplicità della
trama a favorire tutto questo.
Più volte durante la lettura mi sono
ritrovato a sostare tra le pagine di questo libro, perso con l'amaro
in bocca tra mille spietati pensieri.
E in fin dei conti, pensandoci bene,
chi legge (come il sottoscritto) lo fa per libri come questo...